Articolo scritto in collaborazione con Christian Tessitore
“Creare non è per tutti”, è un’affermazione vera o falsa? Una cosa è certa, esistono molti falsi miti sulla creatività, che sollevano dubbi sulla sua vera natura. Nell’immaginario comune, i creativi sono quasi un popolo, una ristretta cerchia di eletti incaricati di “pensare sopra le righe”. Questo è il loro compito: trasformare la società, con abilità speciali. Perlomeno, è una visione che reggeva fino a poco più di mezzo secolo fa. Nei punti che toccheremo, analizzeremo i principali miti sulla creatività, e poi arriveremo alla didattica, al ruolo degli insegnanti nella trasmissione di questo concetto.
Cos’è la creatività?
Immagino che tu sappia cosa sia, però, secondo noi, è importante fare delle precisazioni. Ci sono davvero diversi falsi miti sulla creatività, delle vere e proprie palle al piede. Queste impediscono il pieno svolgimento delle capacità del singolo.
Veniamo al dunque. La creatività è un processo che porta alla produzione di nuove idee a partire da quelle che esistono. Assume tante forme quante sono le discipline o i problemi della vita. In pratica, è polimorfa. Perdonami, mi divertiva l’idea di usare questo termine.
La creatività del matematico consiste nella risoluzione di problemi logici: analisi, strategia, formulare ipotesi. La creatività del fisico (non si intendono i body builder), nell’analisi di un fenomeno naturale con nuove lenti. E via discorrendo per tutti gli ambiti del sapere. Il bello è che in uno studio sulle intelligenze multiple di Howard Gardner, hanno analizzato un fenomeno insolito. Nella risoluzione di determinati problemi, nel cervello accadeva l’attivazione simultanea di più aree.
Indovina un po’? Queste aree sono relative a varie modalità creative, dal pensiero matematico a linguistico.
La fabbrica e il controllore
Come ben saprai, il cervello si compone di due emisferi: quello sinistro e quello destro. Per semplificare, immagina il primo come una specie di Wikipedia, che memorizza le informazioni e, all’occorrenza, le recupera. Il secondo, invece, è la mano che inserisce nuove informazioni e aggiorna la piattaforma. In poche parole, l’emisfero sinistro riconosce le informazioni già incontrate, il secondo ne individua (o ne produce) di nuove.
L’emisfero destro è rinomato come “la fabbrica di idee”, quella parte del cervello menefreghista, che cede all’impulso, all’emozione e alla novità. L’emisfero sinistro, viceversa, è il cosiddetto “controllore”, lo stratega, che dice al compagno destro: “Fermo lì! E’ fattibile quello che vuoi fare? E’ ragionevole?”. Insomma, è il guastafeste che porta un po’ di ordine.
“Psst, impostore!”
Purtroppo, negli anni, si è diffusa una teoria che, senza fondamento, dà più credito all’emisfero destro scartando il ruolo di quello sinistro: la mentalizzazione. Invece, per insegnare al meglio ad utilizzare la creatività, è essenziale definire la natura interconnessa del cervello. Niente è isolato, niente funziona a modo suo. Le aree del cervello sono costantemente sintonizzate.
La creatività è solo degli artisti?
Nei paragrafi precedenti, abbiamo menzionato la versatilità del pensiero creativo. E’ stato ripercorsa a grandi linee la natura interconnessa del cervello. E’ arrivato il momento di smontare la seguente ipotesi, cioè che la creatività riguarda solo gli artisti.
L’arte è una forma di espressione, piuttosto soggettiva, dove l’artista cerca di esprimere un mondo interiore. Non differisce, per molti versi, dalle discipline scientifiche. Tanto nella matematica, nella biologia, nella scienza, nella chimica, le teorie poggiano su un’attenta ricerca. Un processo di ricerca parte dalla curiosità verso uno stimolo, una o più osservazioni, seguite da un’indagine e svariate soluzioni. Esattamente quello che fanno gli artisti quando concepiscono un’opera, e gli scienziati quando formulano una teoria o scrivono un saggio.
E’ un argomento di estrema complessità, ma il nostro obiettivo in questa sede è uno. Vogliamo farti comprendere che ogni individuo, per sentirsi realizzato, ha bisogno di lasciare un’impronta. Chiaro, c’è chi è più esecutivo e chi è di indole più creativa, ma anche l’esecuzione richiede di affrontare gli ostacoli.Il pensiero divergente, che lo vogliamo o no, è un vicino di casa sin dall’infanzia.
Uno studio longitudinale, condotto dagli scienziati della NASA, testimonia che il pensiero divergente appartiene ad ognuno di noi. Gli scienziati hanno somministrato un test a 1.600 bambini, di età compresa tra i quattro e i cinque anni, per misurare in quanti avevano il pensiero divergente. I risultati furono sbalorditivi: ben il 98%! L’esperimento venne ripetuto sugli stessi bambini, cinque anni dopo, ovvero quando avevano dieci anni. Risultò che addirittura solo il 30% rientrava ancora nella categoria dei creativi. A quindici anni, la cifra è scesa al 12%.
E a noi adulti cosa succede? Quanti di noi sono ancora in contatto con il nostro genio creativo dopo anni di studi? Purtroppo, solo il 2%. Che tristezza… I dati parlano chiaro, ma il fattore cruciale è uno. Il ruolo degli insegnanti, come vedremo, plasma la capacità degli studenti di creare.
Creatività e didattica
La creatività nella didattica è uno degli strumenti più potenti per coinvolgere gli studenti e rendere l’apprendimento significativo.
Attenzione, non parliamo solo di arte o attività manuali come spesso si pensa, ma di un approccio che stimola la curiosità, il pensiero critico e la risoluzione dei problemi. In classe, promuovere la creatività significa andare oltre i metodi tradizionali, incoraggiando l’esplorazione e l’innovazione. Nell’insegnamento, essa è il ponte che unisce sapere e passione attraverso l’apprendimento attivo.
Ma cosa intendiamo per “apprendimento attivo”?Progetti interdisciplinari, giochi di ruolo, laboratori esperienzali e l’uso di tecnologie interattive, che possano trasformare un argomento complesso in un’esperienza stimolante.
Ad esempio, una lezione di storia può diventare un viaggio nel tempo grazie ad una simulazione, mentre un problema di matematica può essere risolto collaborativamente attraverso un gioco. Spesso accade purtroppo, che queste attività siano viste da alcuni insegnanti come qualcosa di “poco serio”, che provochi sconcentrazione.
Niente di più sbagliato! Attraverso un approccio ludico e creativo, l’attenzione si concentra, creando collegamenti logici e mnemonici. Il beneficio poi, non è soltanto scolastico: la creatività favorisce la fiducia in sé stessi, la collaborazione e l’empatia.
Per questo, investire in una didattica creativa non è solo una scelta pedagogica, ma una missione per formare cittadini capaci di affrontare un futuro complesso con competenza e flessibilità.
La creatività nella didattica come chiave per l’inclusione
Per educare in maniera creativa, bisogna innanzitutto essere degli educatori creativi.
Insegnare non è mai stato un compito semplice, ma è un’arte che si evolve e si adatta. E quando parliamo di alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) o con Bisogni Educativi Speciali (BES), l’arte dell’insegnamento diventa ancora più sfidante e, diciamolo, affascinante.
Perché?
Perché questi ragazzi ci costringono (e ci permettono) di uscire dagli schemi tradizionali, di trovare nuovi modi per far brillare il loro potenziale.
Per gli alunni con DSA e BES, il classico metodo “spiega-scrivi-ripeti” spesso si rivela poco efficace. Questi studenti hanno bisogno di approcci personalizzati, che tengano conto delle loro difficoltà, ma anche dei loro talenti. Gli alunni con DSA e BES spesso sviluppano un pensiero laterale unico per superare le loro difficoltà, ma è nostro compito coltivarlo. Insegnare loro a pensare in modo creativo significa offrirgli uno strumento potente per affrontare la vita.
Inoltre, quando adottiamo un approccio creativo, non stiamo solo aiutando gli studenti con delle difficoltà a imparare meglio, stiamo anche creando un ambiente inclusivo, dove ogni alunno si sente accettato e valorizzato. La bellezza, è che spesso, le strategie pensate per i bisogni speciali finiscono per arricchire l’intera classe.
Ricordiamoci che la creatività nella didattica non è un vezzo, ma una strada che rende l’apprendimento un’esperienza entusiasmante, per i ragazzi e anche per noi insegnanti.
Perché insegnare, quando lo fai in modo creativo, non è solo un lavoro, è una piccola magia.